ANNO 14 n° 120
Peperino&Co Gli ospedali di Viterbo (Parte prima)
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11/04/2015 - 02:01

di Andrea Bentivegna

VITERBO - Oggi c’è Belcolle il ''nuovo'' ospedale, imponente ma già vetusto, che incombe su Viterbo: un sinistro serpentone di cemento armato, visibile da gran parte della provincia, che mortifica il profilo verde dei monti Cimini. Non più tardi di qualche anno fa, invece, c’era quello che tutti noi chiamiamo ancora ''Ospedale Vecchio'', una più elegante struttura nel cuore della città, che, divenuta incapace di soddisfare le necessità moderne, fu abbandonata e che ormai da troppo tempo giace in stato di abbandono nonostante sia adiacente al palazzo dei Papi.

Ma la storia degli ospedali cittadini è molto più articolata. Sin dal primo Concilio di Nicea, nel IV secolo, la Chiesa Cattolica si prodigò infatti nel fornire assistenza ''ai poveri, alle vedove, ai forestieri e ai bisognosi'' attraverso strutture di questo genere ed è per questo i primi ricoveri erano annessi ai monasteri o alle chiese.

Viterbo non fece eccezione; il più antico ospedale che le cronache ci hanno tramandato è quello di Santa Maria Nuova ma molti altri si aggiunsero nel corso dei secoli: uno sorgeva ad esempio nei pressi dell’attuale porta Fiorentina, un altro, chiamato “Degli Armeni” era vicino alla chiesa di San Giovanni in Zoccoli e infine ve ne era uno, detto “Domus Dei”, ospitato all’interno del convento di Santa Maria in Gradi. Tra tutte queste strutture, tuttavia, la più importante fu senza dubbio l’ospedale di San Sisto. Sorto nei pressi dell’omonima chiesa, al di fuori però della cinta muraria, si trovava nelle vicinanze della casina Maildachini. Proprio qui, durante gli scavi per realizzare la galleria ferroviaria, furono rinvenuti i resti di questo antico ed illustre complesso ospedaliero.

Sappiamo inoltre dalle cronache che questa struttura divenne, a partire dal 1375, allorché il vicario del Vescovo la affidò alla congregazione degli Speziali, il nosocomio più efficiente della città, tanto da richiamare numerosi benefattori e godendo in questo modo di cospicue donazioni di denaro che permisero i lavori con i quali si trasformò l’intera struttura in un vero e proprio gioiello di efficienza e funzionalità.

Nel XV secolo, dunque, Viterbo poteva contare su numerose strutture destinate ai bisognosi, alcune efficienti e di grandi dimensioni, come nel caso di San Sisto, altre più piccole e meno moderne. Presto, però, questo assetto venne messo in discussione quando la città si trovò a fare i conti con un evento sconvolgente: la peste. Nel corso di tutto il secolo, il morbo, in più ondate, si scagliò contro la città dei Papi lasciandosi alle spalle una tetra scia di morte e sofferenza, Viterbo ne fu sconvolta e ci si convinse che fossero necessarie delle misure eccezionali, così in un primo momento, per cercare di arginare le epidemie, il Comune decretò che “venissero chiuse le porte della città ma anche le scuole e la sospensione di tutte le cerimonie e anche l’espulsione dalla città di meritrici e mendicanti”. Tutto ciò, purtroppo, non portò gli effetti sperati.

Superata l’emergenza ci si interrogò cercando di comprendere le cause che avevano diffuso il morbo in città al fine di prevenirne la futura ricomparsa e così se ne individuò l’origine proprio nei numerosi ospedali disseminati in tutta la città. Si decise così che fosse giunto il momento di riunire tutte queste istituzioni in un unico complesso localizzato fuori dalle mura. Apparve allora naturale designare a questo scopo l’efficiente ospizio di San Sisto. E fu così che, a partire dal Cinquecento, la città di Viterbo avrà un solo grande ospedale il quale fu ben presto ceduto dalla congregazione degli Speziali, che come abbiamo visto lo gestivano, al Comune che dal 1519 avrà dunque, per la prima volta, un istituto pubblico di assistenza sanitaria.

L’unificazione degli ospedali, tuttavia, fu un’imposizione attuata non senza polemiche e scontri in quanto i numerosi ordini erano comprensibilmente restii ad accettare di esser cancellati confluendo nel nuovo ospedale e fu in questa fase che si registrò il decisivo intervento di uno straordinario personaggio della storia della nostra città, che, benché poco conosciuto, ebbe una grande importanza non solo per Viterbo se non per la storia di tutta Europa: il Cardinale Egidio Antonimi.

[Continua]





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